le testimonianze sulle deportazioni

mappa delle deportazioni in Russia
mappa delle deportazioni in Russia

Ida Schmidt
ci descrive come ha vissuto la deportazione1

Ida Schmidt
Ida Schmidt

L’estate del ’41 la nostra compagnia di danza si esibiva come tutti gli anni in diverse cittadine e paesi del Volga.

Alla fine del mese di giugno la guerra aveva raggiunto anche il nostro paese. Le truppe tedesche avevano attaccato l'Unione Sovietica.

La gente aveva paura e tanti dubbi ma nonostante ciò la vita nelle zone lontane dalle prime linee doveva continuare. La compagnia cambiò un po’ il suo programma adeguandolo alla situazione di guerra.

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A fine agosto il nostro tour era finito e mi ricordo ancora bene quando siamo rientrati su un camion scoperto ad Engels: la nostra città.

Com’è al solito tra gli artisti che hanno successo, eravamo di buon umore, abbiamo cantato ed uno alla volta raccontavamo qualcosa di divertente. Questo cambiava improvvisamente entrando in città.

Non capimmo perché i colleghi del posto erano disperati. Parlavano disordinatamente tra di loro, alcuni piangevano ed era un caos. Mi ci è voluto un po' di tempo per capire la cosa più importante.

L’ordine era arrivato dall’alto, da Mosca: a tutti noi, tedeschi di Russia, ci è stato ordinato di lasciare la città entro le prossime 24 ore.

La guerra lo ha reso necessario. In mezzo alla popolazione tedesca nella regione del Volga ci sarebbero state molte spie e traditori, che sosterebbero i fascisti o collaborerebbero con loro nell’avanzata.

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Questa era la versione ufficiale per l’ordine della deportazione.

I miei colleghi ed io eravamo sorpresi. Via da qui, ma dove, per quanto tempo? Noi traditori? Spie tra di noi? Queste domande ci giravano nella testa. Ma non c’era alcuna risposta.

Dopo un periodo di sbalordimento poi sono andata da mia sorella Valeria, dove vivevo. Lei e la sua famiglia e la nostra zia stavano facendo i pochi bagagli che c’era permesso portare. Un po’ di vestiti, coperte di lana ed alcuni attrezzi, tra cui un ascia e una sega.

Mia zia macellava i polli. La carne la metteva in un secchio e la spalmava con dello strutto, in modo che si conservasse per un po’ di tempo.

La mattina seguente i carri ed i cavalli erano già pronti sulla strada. Lì dovevamo mettere i nostri averi per il trasporto alla stazione. Tutto il resto dovevamo lasciare alle spalle, tutto l’arredamento della casa, compreso il pianoforte quasi nuovo su cui mia sorella e mio cognato suonavano volentieri. Anche gli animali domestici, la capra ed i gatti rimasero a casa.

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C’è voluto quasi tutto il giorno affinché il treno merci fosse pronto alla partenza. E noi, membri del teatro tedesco, l’orchestra sinfonica e la compagnia di ballo, abbiamo avuto il vantaggio di trovare tutti insieme un posto sullo stesso vagone. Tutto questo lo aveva organizzato il sindaco di Engels, anche lui di origine tedesca, perché doveva venire anche lui con lo stesso treno. Così sono rimasta con mia sorella, la sua famiglia e i miei colleghi, almeno inizialmente.

Quando il treno lentamente uscì dalla stazione ed una parte della città ci passò davanti, scese un gran silenzio. Ciascuno di noi è stato solo con se stesso. Il futuro davanti a noi era come un muro nero, nulla era visibile.

I nostri pensieri vagavano nel passato. Ognuno guardava la sua vita passata. Avevo 20 anni e la mia vita da adulta, al di fuori della famiglia, era appena iniziata.

... E tutto questo deve finire bruscamente con la deportazione? Sarà possibile lavorare ancora come artista? Il diploma dal conservatorio non lo avevo ancora ricevuto. A questo rimuginavo mentre il treno ci portava ogni giorno un po' più ad est, in Siberia.

Nel nostro vagone si alternavano una profonda tristezza ed improvvise esplosioni di risate. Quando gli artisti sono insieme non possono essere sempre tristi.

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Quando il treno si fermava per molto tempo in una stazione o su terreno aperto scendevamo ed allora uno di noi prendeva la fisarmonica o la balalaika e suonava qualcosa di divertente. Così, anche solo per un breve momento, non pensavamo alla situazione deprimente.

Mi ricordo molto bene la scena, quando mia sorella, che era in stato di gravidanza avanzata, all'improvviso iniziò a ballare. Ballava la polka ed alla fine girava come una trottola. E con le lacrime agli occhi ripeteva più volte "c’è la faremo, c’è la faremo!"

Ad Omsk, dove il nostro viaggio ancora non era finito, mia sorella ha partorito il suo terzo figlio in un angolo del vagone, nascosta a malapena solo da una coperta.

Dopo settimane, dopo un viaggio apparentemente interminabile, eravamo arrivati a Minusinsk, nella regione di Krasnojarsk. Inizialmente siamo stati alloggiati (la famiglia di mia sorella ed io) in una stanza da una russa.

Più tardi siamo riusciti a trovare un piccolo appartamento. Valeria non ha aspettato molto tempo; voleva prendere immediatamente contatto con il piccolo teatro della città per organizzare uno spettacolo. Erano permessi solo pezzi il lingua russa. Il marito era a capo di un trio e accompagnava lo spettacolo del teatro suonando.

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Ma questo lavoro durò solo poche settimane. Già nel mese di novembre ’41 mio fratello ottenne il comando per l’esercito di lavoro, la Trudarmee. L’abbiamo salutato. Mi ricordo bene: lui sembrava diverso degli altri convocati della città perché aveva con se il suo violoncello.

E 'stato un triste addio. Non l’avremmo mai più visto. Poco tempo dopo, morì nella Trudarmee. Non abbiamo mai saputo le circostanze precise della sua morte. Ho preso il suo posto nel trio.2

continua ......

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note

1 Fra il 3 e il 20 settembre ’41 furono deportati 446.480 tedeschi di Russia, suddivisi in 230 convogli di 50 vagoni in media: circa 2.000 persone per convoglio.
Spostandosi di pochi chilometri orari, i convogli impiegavano fra le quattro e otto settimane per arrivare a destinazione nelle province di Omsk e Novosibirsk, in quella di Barnaul, nella Siberia meridionale e nel territorio di Krasnojarsk, in Siberia orientale. …..
Già il 29 agosto ’41 Molotov, Malenkov e Zdanov proposero a Stalin di “ripulire” la provincia di Leningrado ed il resto del paese. …..
Il 30 agosto Berija (capo della polizia segreta sotto Stalin) firmò una circolare che ordinava la deportazione di 132.000 persone della provincia di Leningrado (fino al 26 gennaio '24 San Pietroburgo), 96.000 in treno e 36.000 per via fluviale.
L’NKVD (Commissariato del Popolo per gli Affari Interni) fece in tempo di arrestare solo e deportare “soltanto” 11.000 cittadini sovietici di origine tedesca.
Nelle settimane seguenti, analoghe operazioni si svolsero nelle province di Gor’kij (3.162 tedeschi di Russia deportati il 14 settembre), Mosca (9.640 il 15 settembre), Krasnodar (38.136 il 15 settembre), Rostov (38.288 tra il 10 e il 21 settembre), Tula (2.700 il 21 settembre), Zaporoz’e (31.320 dal 25 settembre al 10 ottobre), Ordzonikidze (77.570 il 20 settembre).
Durante il mese di ottobre del ’41 la deportazione colpì ancora oltre 10.000 tedeschi di Russia residenti in Georgia, Armenia, Azerbaigian, nel Caucaso settentrionale ed in Crimea.
Da una valutazione in cifre dell’evacuazione dei tedeschi di Russia risulta che alla data del 25 dicembre del ’41 erano state deportate 894.600 persone, perlopiù nel Kazakistan e in Siberia; se si tiene conte dei tedeschi di Russia deportati nel ’42, il totale arriva 1.209.430 unità, frutto di meno di un anno di operazioni, dall’agosto del ’41 al giugno del ’42.
Ricordiamo che, secondo il censimento del ’39, la popolazione di origine tedesca nell’URSS era costituita da 1.427.000 persone.
Fu quindi deportato il 82% dei tedeschi di Russia, nello stesso momento in cui la situazione nel paese sull’orlo dell’annientamento, avrebbe richiesto che i contingenti militari e di polizia concentrassero tutti gli sforzi nella lotta armata contro il nemico, anziché essere impegnati nella deportazione di centinaia di milioni di innocenti cittadini sovietici di origine tedesca. In realtà la percentuale di cittadini di origine tedesca colpiti dal provvedimento era ancora più alta, se si tiene conto delle decine di miglia di soldati e ufficiali di origine tedesca colpiti di origine tedesca espulsi dai ranghi dell’Armata rossa e trasferiti nei battaglioni di disciplina dell’Armata del lavoro, la cosiddetta Trudarmee, operante a Vorkuta, Kotlass, Kemerovo, Celjabimsk…….
Tratto da:I tedeschi del Volga (ital.)

2 I Kolchoz nacquero nel 1918 come cooperative volontarie di contadini, proprietari dei mezzi di produzione usati, mentre la terra rimaneva di proprietà dello stato che la cedeva gratuitamente in uso permanente al kolchoz, per ottenere produzioni maggiori grazie all’impiego di moderne tecnologie fornite dallo stato sovietico.
Lo stato acquistava, a prezzi inferiori a quelli del mercato, i prodotti del kolchoz per poi ridistribuirli in maniera egualitaria.
I soci erano retribuiti sulla base delle giornate lavorative svolte; inoltre avevano a disposizione la loro casa e per ogni singola fattoria circa 0,3 ettari di terra ad uso privato ed un po’ di bestiame.
Convincere il contadino russo ad entrare nel kolchoz e a mettere in comune la sua terra e i suoi strumenti di lavoro non era facile perché era convinto che la grande azienda e la sua gestione lo riportasse al servaggio, alla condizione di dover lavorare per gli altri e non per se stesso.
L’adesione ai kolchoz saliva molto lentamente, per cui lo stato nel 1927 rese obbligatorio la partecipazione ad un kolchoz.
I primi aderenti ai kolchoz furono i contadini più poveri, mentre quelli medi erano abbastanza esitanti ad entrarvi.
I contadini agiati, i kulaki, non erano per niente entusiasti della collettivizzazione. Si rifiutavano di entrare nei kolchoz e ne ostacolarono la formazione mediante sabotaggi, incendi dolosi e gli atti di sabotaggio crebbero vertiginosamente, le sommosse e le azioni di guerriglia dovettero essere represse con la forza e con l’impiego dell’armata rossa.
La grave crisi tecnica, dovuta alla mancanza dei macchinari, accelerò l’eliminazione della classe dei kulaki: essi venivano espropriati di tutti i loro beni e deportati.
I contadini inoltre erano ostili a consegnare il grano e sono arrivati ad abbandonare le semine primaverili e a macellare parte dei loro animali piuttosto che metterli in comune.
Questo ha provocato un calo della produzione bovina attorno al 1930. La macellazione dei cavalli ha provocato una riduzione della capacità di traino complessiva e gli allevamenti dimezzati una carenza di generi alimentari e di lana; cominciò anche a scarseggiare il letame, mentre la produzione di concimi chimici, che dovevano essere forniti dallo stato, permaneva a livelli molto bassi. Per far fronte alla diminuzione della produzione agricola, lo stato iniziò a farsi consegnare una sempre maggiore quantità di prodotti, pagandoli agli stessi prezzi del 1928, mentre nel frattempo il rublo si era svalutato.
Il 1932, anno in cui il raccolto si rivelò cattivo per il secondo anno consecutivo, segnò l’inizio della carestia.