le testimonianze sulle deportazioni

mappa delle deportazioni in Russia
mappa delle deportazioni in Russia

Heinrich Dorn
ci descrive come ha vissuto la deportazione1

Heinrich Dorn
Heinrich Dorn

Il secondo episodio che mi doveva segnare si è verificato nel 1941/42. La guerra, che era scoppiata l'estate del 1941, ha cambiato tutto e ha sconvolto tutta la mia vita. Dovevamo aiutare a costruire la pista di atterraggio.

Alla fine dell’agosto del ‘41 arrivò l’ordine: tutti i tedeschi del Volga dovevano lasciare quella zona.

i deportati
i deportati

Ricordo ancora molto bene l'articolo sul giornale “Deutsche Nachrichten“ (notizie tedesche). Si leggeva che in mezzo ai tedeschi, nella regione del Volga, c’erano spie e nemici dell'Unione Sovietica, si ipotizzava che collaborassero con i fascisti tedeschi. Per questo motivo la deportazione era necessaria. Noi non capimmo. Dove dovrebbero essere questi spioni e nemici dei soviets?

Il giorno della deportazione1 in Paulskoye e in altri luoghi c’era una grande confusione. Ovunque c’erano i soldati.

Un ufficiale venne da noi, nella fattoria. Da un quaderno strappò una pagina sulla quale scrisse tutto quello che dovevamo lasciare: era una mucca, i suini e tutto l'arredamento della casa. Sotto metteva un timbro: questo era il certificato “di proprietà” ma in realtà era un documento di esproprio.

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C’era permesso di portare con noi solo 25 kg in tutto, pochi vestiti e qualcosa da mangiare. Era proibito macellare gli animali. Questi venivano abbandonati.

Quando poi abbiamo attraversato i vari paesi che precedentemente erano stati già sfollati, abbiamo visto il caos. Il bestiame aveva rotto le recinzioni e i cancelli e vagava liberamente per i campi. Abbiamo visto molte carogne ed animali che girovagavano muggiendo. Queste immagini fantasma si sono radicate profondamente nella mia memoria. Quando penso alla mia infanzia, nella regione del Volga, mi viene in mente anche questo terribile giorno di addio.

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Siamo stati deportati nella regione di Novosibirsk.

I russi, abitanti del villaggio Asorna, all’inizio non volevano aver che fare con noi e ci trattavano in modo ostile.

Pensavano che venissimo direttamente dalla Germania. Non avevano mai sentito parlare dei tedeschi del Volga. Anche sul nostro trasferimento non erano stati informati.

Siamo stati alloggiati presso di loro con l’obbligo delle autorità. Solo quando siamo stati assegnati ai gruppi di lavoro nel kolchoz2 ed abbiamo lavorato insieme ai russi, il rapporto e la tensione si sono normalizzati gradualmente.

Io sono rimasto solo un anno ad Asorna. Nella primavera del 1942 anche a me è toccato andare in un campo di lavoro.

continua ......

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note

1 Fra il 3 e il 20 settembre ’41 furono deportati 446.480 tedeschi di Russia, suddivisi in 230 convogli di 50 vagoni in media: circa 2.000 persone per convoglio.
Spostandosi di pochi chilometri orari, i convogli impiegavano fra le quattro e otto settimane per arrivare a destinazione nelle province di Omsk e Novosibirsk, in quella di Barnaul, nella Siberia meridionale e nel territorio di Krasnojarsk, in Siberia orientale. …..
Già il 29 agosto ’41 Molotov, Malenkov e Zdanov proposero a Stalin di “ripulire” la provincia di Leningrado ed il resto del paese. …..
Il 30 agosto Berija (capo della polizia segreta sotto Stalin) firmò una circolare che ordinava la deportazione di 132.000 persone della provincia di Leningrado (fino al 26 gennaio '24 San Pietroburgo), 96.000 in treno e 36.000 per via fluviale.
L’NKVD (Commissariato del Popolo per gli Affari Interni) fece in tempo di arrestare solo e deportare “soltanto” 11.000 cittadini sovietici di origine tedesca.
Nelle settimane seguenti, analoghe operazioni si svolsero nelle province di Gor’kij (3.162 tedeschi di Russia deportati il 14 settembre), Mosca (9.640 il 15 settembre), Krasnodar (38.136 il 15 settembre), Rostov (38.288 tra il 10 e il 21 settembre), Tula (2.700 il 21 settembre), Zaporoz’e (31.320 dal 25 settembre al 10 ottobre), Ordzonikidze (77.570 il 20 settembre).
Durante il mese di ottobre del ’41 la deportazione colpì ancora oltre 10.000 tedeschi di Russia residenti in Georgia, Armenia, Azerbaigian, nel Caucaso settentrionale ed in Crimea.
Da una valutazione in cifre dell’evacuazione dei tedeschi di Russia risulta che alla data del 25 dicembre del ’41 erano state deportate 894.600 persone, perlopiù nel Kazakistan e in Siberia; se si tiene conte dei tedeschi di Russia deportati nel ’42, il totale arriva 1.209.430 unità, frutto di meno di un anno di operazioni, dall’agosto del ’41 al giugno del ’42.
Ricordiamo che, secondo il censimento del ’39, la popolazione di origine tedesca nell’URSS era costituita da 1.427.000 persone.
Fu quindi deportato il 82% dei tedeschi di Russia, nello stesso momento in cui la situazione nel paese sull’orlo dell’annientamento, avrebbe richiesto che i contingenti militari e di polizia concentrassero tutti gli sforzi nella lotta armata contro il nemico, anziché essere impegnati nella deportazione di centinaia di milioni di innocenti cittadini sovietici di origine tedesca. In realtà la percentuale di cittadini di origine tedesca colpiti dal provvedimento era ancora più alta, se si tiene conto delle decine di miglia di soldati e ufficiali di origine tedesca colpiti di origine tedesca espulsi dai ranghi dell’Armata rossa e trasferiti nei battaglioni di disciplina dell’Armata del lavoro, la cosiddetta Trudarmee, operante a Vorkuta, Kotlass, Kemerovo, Celjabimsk…….

2 I Kolchoz nacquero nel 1918 come cooperative volontarie di contadini, proprietari dei mezzi di produzione usati, mentre la terra rimaneva di proprietà dello stato che la cedeva gratuitamente in uso permanente al kolchoz, per ottenere produzioni maggiori grazie all’impiego di moderne tecnologie fornite dallo stato sovietico.
Lo stato acquistava, a prezzi inferiori a quelli del mercato, i prodotti del kolchoz per poi ridistribuirli in maniera egualitaria.
I soci erano retribuiti sulla base delle giornate lavorative svolte; inoltre avevano a disposizione la loro casa e per ogni singola fattoria circa 0,3 ettari di terra ad uso privato ed un po’ di bestiame.
Convincere il contadino russo ad entrare nel kolchoz e a mettere in comune la sua terra e i suoi strumenti di lavoro non era facile perché era convinto che la grande azienda e la sua gestione lo riportasse al servaggio, alla condizione di dover lavorare per gli altri e non per se stesso.
L’adesione ai kolchoz saliva molto lentamente, per cui lo stato nel 1927 rese obbligatorio la partecipazione ad un kolchoz.
I primi aderenti ai kolchoz furono i contadini più poveri, mentre quelli medi erano abbastanza esitanti ad entrarvi.
I contadini agiati, i kulaki, non erano per niente entusiasti della collettivizzazione. Si rifiutavano di entrare nei kolchoz e ne ostacolarono la formazione mediante sabotaggi, incendi dolosi e gli atti di sabotaggio crebbero vertiginosamente, le sommosse e le azioni di guerriglia dovettero essere represse con la forza e con l’impiego dell’armata rossa.
La grave crisi tecnica, dovuta alla mancanza dei macchinari, accelerò l’eliminazione della classe dei kulaki: essi venivano espropriati di tutti i loro beni e deportati.
I contadini inoltre erano ostili a consegnare il grano e sono arrivati ad abbandonare le semine primaverili e a macellare parte dei loro animali piuttosto che metterli in comune.
Questo ha provocato un calo della produzione bovina attorno al 1930. La macellazione dei cavalli ha provocato una riduzione della capacità di traino complessiva e gli allevamenti dimezzati una carenza di generi alimentari e di lana; cominciò anche a scarseggiare il letame, mentre la produzione di concimi chimici, che dovevano essere forniti dallo stato, permaneva a livelli molto bassi. Per far fronte alla diminuzione della produzione agricola, lo stato iniziò a farsi consegnare una sempre maggiore quantità di prodotti, pagandoli agli stessi prezzi del 1928, mentre nel frattempo il rublo si era svalutato.
Il 1932, anno in cui il raccolto si rivelò cattivo per il secondo anno consecutivo, segnò l’inizio della carestia.