Costretti a vivere solo nei luoghi in cui era venuta la loro deportazione, i
tedeschi di Russia oramai desideravano solo emigrare in Germania, la patria dei
loro antenati.
Sul finire degli anni '60, dopo un accordo tra Willy Brandt e Brežnev, incominciò pian piano il rientro in Germania dei tedeschi di Russia.
Spesso dovevano aspettare molti anni prima di ottenere il visto di espatrio e, quando riuscivano ad averlo, non potevano trasportare con se ne averi ne denaro; spesso dovevano corrompere gli ufficiali per ottenere il visto. L'unico riferimento per loro era la Croce Rossa, che li aiutava alla ricongiunzione famigliare. Le richieste d'espatrio spesso venivano negate motivandole con il fatto che la loro presenza era necessaria per la ricostruzione del paese.
Negli anni che vanno dal 1973 al 1975 furono arrestati diversi tedeschi di Russia che manifestavano per ottenere il visto.
Il 16 gennaio del 1974 Erich
Abel venne processato davanti a 400 ascoltatori e condannato a 3 anni di carcere
con l'accusa di diffamazione anti-sovietica. La sua attività illegale consisteva
nel raccogliere firme a favore dell'espatrio dei tedeschi di Russia.
Al processo egli dichiarò:
“Io, Erich Abel, non mi ritengo colpevole. Dopo 29 anni dalla fine della seconda guerra mondiale è arrivata l'ora di aprire le frontiere. Continuerò sempre, anche dopo il carcere, a combattere per un libero e legittimo espatrio nella Repubblica Federale Tedesca, e mai più prenderò in mano un passaporto sovietico”1.
Per i tedeschi di Russia questo processo aveva uno scopo dimostrativo e serviva a far capire loro quello che gli aspettava continuando a chiedere l'espatrio.
La maggior parte dei rimpatriati si è stabilita nella Germania Federale, ma un altro consistente numero di famiglie trovarono una nuova casa nella Germania Est. Questo continuo rientro è continuato, anzi è aumentato, dopo la caduta del “muro” ed il crollo dell'Unione Sovietica, il flusso di emigranti verso la Germania crebbe enormemente, raggiungendo punte di 200.000 persone all'anno.
Gli ultimi rimpatriati dalla Russia si sono concentrati in Germania in ben definiti luoghi, raggiungendo e a volte superando il 30% della popolazione complessiva. Questo ha causato dissapori con i residenti che, con i loro pregiudizi, li consideravano russi a tutti gli effetti, mentre, ironia della sorte, quando i rimpatriati vivevano nell’Unione Sovietica, la popolazione russa li trattava come “fascisti” tedeschi.
Eppure questi erano sempre stati orgogliosi delle loro origini, non avevano
vissuto in prima persona le malefatte del nazismo e quindi non ne hanno mai
sentito le colpe. Malgrado tutto, negli anni hanno subito tanti maltrattamenti,
sono stati accusati dai russi di essere fascisti, sono stati accusati dai
tedeschi di essere dei bolscevichi, sono stati deportati e sterminati, sono
stati espropriati di ogni loro avere, eppure il loro desiderio era solo quello
di vivere in pace ed in libertà.
La Germania accetta ancora oggi gli emigranti e i loro famigliari dall’ex
Unione Sovietica, perché i tedeschi di Russia, come comunità etnica nell’Europa
orientale, avevano sofferto maggiormente le conseguenze della guerra. Le loro
strutture territoriali sono state smantellate a causa della loro deportazione e
gli indennizzi per le proprietà confiscate non sono state mai concessi. Gli anni
di detenzione, il divieto di ritorno nei loro insediamenti d’origine e i decenni
di discriminazione dei tedeschi nell’Unione Sovietica, si sentono ancora
1.
Dopo tanti anni di silenzio sono stati pubblicati gli ordini del comitato
statale per la difesa dell'URSS dagli anni dal 1941 al 1945 che all'epoca erano
classificati “strettamente riservati”. Sono passati oltre 60 anni da quando
uomini e donne tedeschi erano stati inclusi nelle colonne di lavoro (trudarmija),
ma ancora oggi in Russia si parla raramente di questi avvenimenti.
1 Kerstin Armborst: Il distacco dall'Unione Sovietica: L'emigrazione degli ebrei e dei tedeschi prima del 1987; gennaio 2001 (ted.)