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L'Ostsiedlung

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Declino degli insediamenti tedeschi nel 20 ° secolo

Con avanzare dell’Armata Rossa e la sconfitta della Germania nazista nel 1945, la composizione etnica dell’Europa orientale e dell’Europa Centro-Orientale cambiò radicalmente, con quasi tutti i tedeschi espulsi dalle zone di insediamento tedesco in tutta l’Europa orientale, e dagli ex territori del Reich ad est della linea Oder-Neisse, come la Slesia, la Prussia orientale, il Brandeburgo orientale e la Pomerania. I Sovietici crearono la Repubblica Popolare di Polonia alla quale furono annesse quasi tutte le terre, mentre la metà settentrionale della Prussia Orientale divenne un’enclave della Repubblica Socialista Sovietica Russa. La regione di Memel fu annessa alla RSS lituana. Le ex aree tedesche furono reinsediate con altri gruppi etnici, (cechi, slovacchi e rom negli ex Sudeti e polacchi, lemko, ucraini nella Slesia ed in Pomerania.



La Conferenza di Yalta

Come apparve evidente che gli alleati stavano per sconfiggere la Germania nazista, venne sollevata la questione su come ridisegnare i confini dei paesi dell’Europa orientale dopo la guerra. Nel contesto di tali decisioni, c’era il problema di cosa fare con le minoranze etniche all’interno dei confini ridisegnati.

La decisione finale di spostare il confine ovest della Polonia fu presa dagli Stati Uniti, Gran Bretagna e Sovietici alla Conferenza di Yalta, poco prima della fine della guerra. La posizione precisa del confine era stata lasciata aperta, gli alleati occidentali in generale accettavano il principio del fiume Oder come futura frontiera occidentale della Polonia ed il trasferimento della popolazione come un modo per prevenire in futuro le controversie sul confine.



La Conferenza di Potsdam

Alla Conferenza di Potsdam gli Stati Uniti, il Regno Unito, e Unione Sovietica posero i territori tedeschi ad est della linea Oder-Neisse, formalmente sotto il controllo amministrativo polacco. Era previsto anche che sarebbe seguito un trattato di pace definitivo che doveva confermare questo confine o determinarne la modifica.

Gli accordi finali in effetti compensarono la Polonia con 187.000 kmq, situati ad est della linea Curzon, con 112.000 kmq di ex territori tedeschi. Un terzo della Prussia Orientale era direttamente annesso all’Unione Sovietica e tutt’oggi rimane parte della Russia.

Fu inoltre deciso che tutti i tedeschi rimasti nei territori polacchi nuovi e vecchi doveva essere espulso, per evitare eventuali richieste di diritti delle minoranze. Tra le disposizioni della Conferenza di Potsdam c’era una sezione che prevedeva il trasferimento ordinato delle popolazioni tedesche. La formulazione specifica di questa sezione era il seguente:

 “I tre governi, dopo aver esaminato la questione in tutti i suoi aspetti, riconoscono che dovrà essere intrapreso il trasferimento in Germania delle popolazioni tedesche, o elementi delle stesse che sono rimaste in Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria. Essi convengono che tutti i trasferimenti che avranno luogo dovanno essere fatti in maniera ordinata e umana”.



L’espulsione dei tedeschi dopo la Seconda Guerra Mondiale

Con l’espulsione dei tedeschi dopo la seconda guerra mondiale ci si riferisce alla migrazione forzata e la pulizia etnica dei cittadini tedeschi (Reichsdeutsche) e tedeschi etnici (Volksdeutsche) dagli ex territori orientali della Germania, ex Sudeti ed altre zone in tutta Europa nei primi cinque anni dopo la Seconda Guerra Mondiale.

E’ stato il più grande di numero di espulsioni in vari paesi dell’Europa centrale ed orientale che interessò un certo numero di nazionalità. Gli alleati avevano concordato sulla politica delle espulsioni, e l’Unione Sovietica attuò la politica con il consenso degli americani e degli inglesi.

Come l’Armata Rossa avanzava verso Germania alla fine della seconda guerra mondiale, cominciò un considerevole esodo di profughi tedeschi. Molti tedeschi fuggirono dalle loro zone di residenza a casaccio, attuando gli ordini di evacuazione del governo nazista tedesco nel 1943, 1944 e nei primi mesi del 1945, o in base a proprie decisioni di fuggire nel 1945-1948. Altri rimasero e furono poi costretti a partire dalle autorità locali. dati del censimento nel 1950, dicono che il numero totale di tedeschi etnici che vivevano ancora in Europa orientale era di circa 2,6 milioni, circa il 12% del totale prima della guerra.

La maggior parte delle fughe e delle espulsioni si verificò in Cecoslovacchia, in Polonia e nella parte europea dell’Unione Sovietica. Altre si verificaronoo nei territori del nord della Jugoslavia (soprattutto nella regione della Vojvodina), e in altre regioni dell’Europa centrale e orientale.

Il numero totale dei tedeschi espulsi dopo la guerra rimane sconosciuto. La maggior parte delle ricerche passate ha fornito una stima tra 13,5 e 16,5 milioni di persone (comprese quelle che furono evacuate dalle autorità tedesche), che sono fuggite o sono state uccise durante la guerra. Tuttavia, una recente ricerca pone il numero intorno a 12 milioni, compresi tutti coloro che fuggirono durante la guerra o migrarono più tardi, forzatamente o meno, sia per la Germania che per l’Austria.

Recenti analisi hanno portato alcuni studiosi a concludere che il numero effettivo dei decessi attribuibili alle fughe ed alle espulsioni si può colltocare tra 500.000 e 1.100.000. Le cifre precedenti superiore, fino a 3,2 milioni, di solito includono tutti i decessi dei tedeschi etnici connessi con la guerra tra 1939-1945, compresi quelli che hanno prestato servizio nelle forze armate tedesche.

Quando la Romania firmò il trattato di pace con i sovietici nel 1944, l’esercito tedesco cominciò il ritiro dei Sassoni della Transilvania. Circa 100.000 tedeschi fuggirono prima dell’arrivo dell’Armata Rossa, ma alla fine della guerra la Romania non ha effettuato l’espulsione dei tedeschi. Tuttavia, più di 80.000 Sassoni furono arrestati dall’esercito sovietico e inviati ai campi di lavoro in Siberia, accusati della presunta cooperazione con la Germania nazista.

La maggior parte di quelli appartenenti alla minoranza tedesca in Jugoslavia, furono internati nei campi di concentramento ed alla fine espulsi. La maggior parte andò in Austria ed in Germania Ovest. Tuttavia, un certo numero di persone è rimasto, perché erano sposati con partner locali. Queste persone ed i loro discendenti non erano più considerati ufficialmente una parte della popolazione tedesca.



Tedeschi espulsi nel dopoguerra in Germania

Dopo a seconda guerra mondiale molti sfollati (in tedesco: Heimatvertriebene) dalle terre ad est dell’Oder-Neisse, trovaronoo rifugio nella Germania Ovest e nella Germania Orientale. I rifugiati che erano fuggiti volontariamente, spesso non si distinguevano da quelli che erano stati deportati con la forza.

Alcuni sfollati sono attivi nella politica tedesca e sono una delle maggiori fazioni politiche della nazione, con ancora circa 2 milioni di membri. Anche se espulsi (in tedesco Heimatvertriebene), il clima politico prevalente in Germania Ovest era quello di espiazione per le azioni naziste. Tuttavia, i governi hanno mostrato un notevole sostegno per gli espulsi e vittime civili tedesche.



minoranza tedesca in Polonia

Anche se i rapporti tra la Polonia e la Repubblica federale di Germania sono stati generalmente cordiali dal 1991, permangono controversie sulla guerra, sull’espulsione del dopoguerra, sul trattamento della minoranza tedesca in Polonia ed il trattamento del patrimonio tedesco in Polonia.

La minoranza tedesca rimasta in Polonia (152.897 persone secondo il censimento del 2002) ha i diritti delle minoranze, sulla base del Trattato polacco-tedesco sul diritto delle minoranze. I partiti tedeschi non sono soggetti alla soglia del 5% durante le elezioni e così i tedeschi sono in grado di ottenere due seggi.

L’accordo polacco-tedesco del 1991, oltre a definire la linea Oder-Neisse come frontiera polacco-tedesca, ha diversi diritti dato ai gruppi di minoranza in entrambi i paesi, come ad esempio il diritto di usare cognomi nazionali, parlare le loro lingue native e frequentare le scuole e le chiese a loro scelta. Questi diritti erano stati negati in precedenza, sulla base che l’individuo aveva già scelto il paese in cui voleva vivere.



minoranza tedesca nella Repubblica Ceca

Sono rimasti circa 40.000 tedeschi nella Repubblica ceca. Il loro numero è stato costantemente in calo dalla seconda guerra mondiale. Secondo il censimento del 2001 rimangono 13 insediamenti nella Repubblica Ceca con oltre il 10% tedeschi.

La situazione in Slovacchia è stata diversa da quella nelle terre ceche, in quanto il numero di tedeschi era notevolmente inferiore e i tedeschi della Slovacchia furono quasi completamente evacuati, quando l’esercito sovietico si muoveva verso ovest attraverso la Slovacchia, e solo una frazione di loro rimasta in Slovacchia dopo la fine della guerra fu deportato insieme con i tedeschi dalle terre ceche.

La Repubblica Ceca ha introdotto una legge nel 2002 che garantisce l’uso delle lingue delle minoranze come lingue ufficiali nei comuni dove gruppi linguistici autoctoni costituiscono almeno il 10% della popolazione. La legge finora esistente solo sulla carta e non è stata attuata nessuna parte.

Il 28 dicembre 1989, Václav Havel, in quel momento candidato a Presidente della Cecoslovacchia (è stato eletto il giorno dopo), suggerì che la Cecoslovacchia doveva chiedere scusa per l’espulsione dei tedeschi etnici dopo la seconda guerra mondiale. La maggior parte degli altri politici del paese non era d’accordo, e ci fu anche la mancanza di risposta da parte dei leader delle organizzazioni dei tedeschi dei Sudeti. In seguito, il presidente tedesco Richard von Weizsäcker rispose a queste scuse durante la sua visita a Praga nel marzo del 1990, dopo che Václav Havel rifece le sue scuse, caratterizzando l’espulsione come “gli errori e le colpe dei nostri padri”.

Nei rapporti ceco-tedeschi, l’argomento è stato effettivamente chiuso dalla dichiarazione ceco-tedesca del 1997. Un principio di questa dichiarazione era che i partiti non devono gravare le loro relazioni con i problemi politici e giuridici che derivano dal passato.

Tuttavia, alcuni tedeschi dei Sudeti espulsi o i loro discendenti richiedono la restituzione delle loro proprietà, che erano state sequestrate dopo la guerra. Diversi casi sono stati esaminati dai tribunali cechi, ma dopo 50 anni, i tentativi di tornare ad uno stato pre-bellico provoca paura. Secondo un sondaggio dell’Istituto Allensbach del novembre 2005, il 38% dei cechi crede che i tedeschi vogliono riappropriarsi del territorio.



minoranza tedesca in Ungheria

Oggi la minoranza tedesca in Ungheria ha i diritti delle minoranze, organizzazioni, scuole e amministrazioni locali e l’assimilazione spontanea è a buon punto. Nel 2001, 62.105 persone si sono dichiarate tedesco e 88.209 persone hanno affinità con i valori culturali e le tradizioni della nazionalità tedesca.



minoranza tedesca in Romania

Numerosi tedeschi di Romania sono emigrati in Germania, soprattutto dopo il 1989, e sono rappresentati da “Landsmannschaft der Siebenbürger Sachsen in Deutschland”. A causa di questa emigrazione dalla Romania la popolazione dei tedeschi in Romania sta scemando (359.109 nel 1977 e solo 60.088 nel 2002).

I tedeschi (Sassoni della Transilvania, Svevi del Banato, Svevi di Satu-Mare, tedeschi della Bucovina, Transilvania Landler, Zipser tedeschi) rimasti in Romania sono rappresentati dal “Forum democratico di tedeschi in Romania”.

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