La fine della guerra del Nord (1700 - 1721) porto alla sconfitta della Svezia da parte della Russia e l’annessione della Livonia all’impero di Pietro il Grande. Nel 1710 Tallinn, Riga, Pärnu e la nobiltà di Estonia e di Livonia passarono volontariamente alla Russia. Quindi le zone abitate dai tedeschi del Baltico divennero governatorati della Russia Imperiale.
Con i termini della capitolazione di Riga nel 1710 e del Trattato di Nystad
del 1721, la Russia confermò i privilegi della nobiltà dei tedeschi del Baltico
sia nelle città che nelle campagne. I trattati di capitolazione concedevano alla
nobiltà dei tedeschi del Baltico tutte le loro proprietà, il diritto di
auto-governo, leggi speciali e la supremazia della lingua tedesca e la chiesa
luterana. In breve, tutti i diritti, i consigli comunali e le società dei nobili
vennero confermate. Il controllo degli affari locali era ora saldamente nelle
mani dell’elite tedesca.
I tedeschi del Baltico acquisirono quindi più potere sugli abitanti nativi lettoni di quanto non ne avessero mai avuto. Le province baltiche restarono sotto il dominio dall’aristocrazia locale di lingua tedesca, che comprendeva i discendenti dei cavalieri ed anche alcuni immigrati più recenti provenienti dai principati tedeschi. Nella regione la maggior parte delle classi professionali, i letterati, i prelati erano di lingua tedesca. Il governo restò nelle mani del Cavalierato di ciascuna provincia, al quale appartenevano solo i membri della nobiltà.
Nel 1795, dopo la terza divisione della Polonia, anche la provincia di Curlandia entrò a far parte dei domini russi. Anche qui esisteva l’auto-governo ma con lievi differenze dalle altre province baltiche. L’organo principale di auto-governo delle società dei nobili era la Dieta, composta dai proprietari terrieri. La Dieta si pronunciata su tutti i problemi cruciali della vita di provincia ed aveva anche diritto di iniziativa legislativa. Le Diete eleggevano i più alti funzionari della polizia ed i magistrati, nonché i membri laici della chiesa luterana. Le città erano governate dai consigli dei tedeschi della città, reclutati dalle corporazioni di mercanti e tra gli intellettuali.
All’interno dell’impero russo, fino all’istituzione della rigorosa russificazione del 1880, i tedeschi del Baltico godettero di un rapido progresso culturale, mantenendo stretti contatti con le tendenze filosofiche tedesche e con le nuove ideologie dell’Europa. Dopo la Guerra del Nord, i giovani intellettuali dalle università tedesche cominciarono a stabilirsi nei paesi baltici come insegnanti, pastori e funzionari. Allo stesso tempo la gioventù locale fu mandata a studiare nelle università tedesche.
Il progresso economico dei tedeschi del Baltico, basato sulla manodopera a
basso costo, sulla produzione di grano e la vendita di alcolici e carne per il
mercato russo, consentì di perseguire nobili sforzi culturali. Venne creata una
rete di scuole tedesche; le città, anche se non raggiunsero mai la prosperità
dei tempi della Lega Anseatica, si trasformarono in centri culturali con scuole,
tipografie, teatri, biblioteche, librerie, società di musica, clubs, e così via.
La tradizione del giornalismo in lingua tedesca, interrotto dalla guerra del
Nord, venne restaurata a Tallinn, Riga e Pärnu.
L’autonomia è stata garantita dai vari sovrani succeduti a Pietro il Grande.
I tedeschi del Baltico proprietari delle tenute agricole, si stabilirono nella
città, soprattutto a Riga, Reval, Dorpat, e Pernau. Più tardi, nella seconda
metà del 19° secolo, la popolazione di molti di queste città aveva ancora una
maggioranza tedesca, con una minoranza estone o lettone. Dal 1867 la popolazione
di Riga è stata per il 42,9% tedesca.
I tedeschi del Baltico erano apprezzati dagli Zar russi anche come funzionari leali ed efficienti. Occupavano un numero enorme di posti importanti nell’esercito imperiale russo, nell’amministrazione e nel servizio diplomatico. 69 generali di origine baltica parteciparono le guerre napoleoniche. Il servizio leale fu uno dei motivi per cui gli Zar tollerarono l’autonomia di così vasta portata dei tedeschi del Baltico nelle province baltiche.
Nelle campagne la popolazione indigena godeva di minori diritti rispetto ai contadini provenienti dalla Germania, dalla Svezia e dalla Polonia. Eppure, anche tra i tedeschi vi erano coloro che si opponevano a questo regime e cercarono di aiutare i loro compatrioti lettoni.
Ad esempio, gli Herrnhuters provenienti dalla Sassonia erano modelli di umanitarismo e cercavano di educare gli agricoltori incoraggiandoli ad essere socialmente attivi per difendere la loro dignità. Tra i principali sostenitori dei Lettoni vi erano i filosofi tedeschi di Vidzeme, Johann Georg Eisen (1717-1779), Johann Heinrich Jannau (1753-1821), Karl Philip Snell (1753-1806), e soprattutto Garlieb Merkel (1769-1850), il primo notevole suscitatore dell’autocoscienza Lettone. Nella seconda metà del 18° secolo, molti letterati tedeschi locali pubblicarono libri in lingua lettone. Gothard Stender Friedrich (1714-1796), un ministro della Curlandia, fu particolarmente amato e rispettato dai lettoni istruiti.
Nel complesso, tuttavia, gli aspetti disumani della servitù della gleba determinarono le relazioni tra lettoni e tedeschi. Tale rapporto non veniva materialmente influenzato dai cambiamenti demografici. Comunque agli inizi del 19° secolo nelle province baltiche fu abolita ufficialmente la servitù della gleba, circa mezzo secolo prima che ciò avvenisse in Russia.
Dopo le perdite subite durante la guerra del Nord e l’epidemia di peste, una nuova ondata di immigrati entrò nella regione di Vidzeme ed in Curlandia, molti dei quali appartenenti allo strato più basso della società che doveva lavorare per vivere. Essi costituivano una classe rurale di poveri tedeschi, la cosiddetta Kleindeutsche, che viveva nei pressi di un castello e lavorava in vari mestieri. Solo in Curlandia ce n’erano circa 15.000. Nelle città, il numero di apprendisti e lavoratori non qualificati aumentava; inoltre si sviluppò una intellighenzia con un basso reddito.
Un evento insolito del 18° secolo, fu la formazione in Livonia di una colonia di agricoltori tedeschi provenienti dal Palatinato; giunsero su invito dell’imperatrice Caterina II. La colonia Hirschenhof (lettone: Iršu muiža) venne fondata nel 1766 da 85 famiglie tedesche e nel 1914 vi erano circa 8.000 residenti. Questi coloni tedeschi stabilirono relazioni amichevoli con gli agricoltori limitrofi. I coloni impararono ed adottarono lo stile di vita lettone e le loro tradizioni. Questo cameratismo fu possibile perché tedeschi e lettoni erano della stessa classe sociale.
Anche quando molti dei tedeschi del Baltico si trasferirono a San Pietroburgo
e divennero alti funzionari governativi, generali e ministri, non dimenticarono
le loro tenute in Lettonia ed Estonia e cercarono di conservare gli antichi privilegi.
Fin dai tempi di Pietro I, i tedeschi del Baltico che vivevano in città
(Bürgerschaft) godevano di autonomia nell’uso della loro lingua madre ed
istituirono un proprio sistema legislativo e giudiziario. Questa autonomia
prevalse anche in Curlandia e Semgallia e rafforzò il potere tedesco nelle
province baltiche della Russia.